Il k-pop è un genere musicale nato negli anni ’90 in Corea del Sud che ha trovato un’ampia cassa di risonanza anche in altre Nazioni, inclusa l’Italia.
MgRadio ha creduto sin dal principio nel progetto proposto dall’esperta di K-pop Elke Yozgatli in virtù del forte interesse che il genere ha riscosso tra i giovani italiani e non solo.
Elke ha creato un vero e proprio programma radiofonico sul genere, intitolato Dynamite, in collaborazione con Giovanna Lascale e Paky Mtnez; in cabina di regia Mark Merenda.
Il programma va in onda ogni lunedì e venerdì alle ore 10:00 ed il mercoledì alle 15:30 sulla web radio di MgRadio.
L’etimologia del termine rimanda alle parole Korea (South Korea) e pop, il genere musicale al quale rimanda.
Il K-pop riunisce in realtà differenti generi musicali: rap, hip- hop, musica elettronica e rock.
È opportuno specificare che non si parla di generi puri bensì di ibridi dei generi musicali con il pop coreano.
L’ascesa dei giovani che si mirano a voler diventare delle star nel mondo del K-pop è complessa e richiede del tempo.
Infatti, i cantanti K-pop, per poter essere considerate degli idoli, devono aver raggiunto un altissimo livello nel ballo così come nel rap e nel canto.
È richiesta una completezza su più fronti per poter diventare performer a trecentosessanta gradi.
Una volta raggiunto l’apice del percorso, esperti, chiamati responsabili visivi, studiano nei minimi dettagli look, trucco, acconciature e vestiario secondo le mode e le tendenze del momento; l’impatto visivo è fondamentale.
Per poter abbracciare la cultura K-pop è necessario documentarsi sul ruolo che la Corea occupa nel mondo, con la sua storia e cultura.
C’è anche da dire che nell’era contemporanea, il K-pop fa fatica a trovare una salda affermazione nel panorama musicale; ciò avviene in seguito a sentimenti omofobi e misogini più o meno latenti che nascono alla visione di persone di sesso maschile dall’apparenza androgina che abbracciano un’estetica ed un’attitudine soft e per nulla minacciosa.
È impensabile che nel 2024 si debba ancora fare i conti con scherni e critiche verso coloro i quali rappresentano il proprio IO, il proprio essere artistico e no, utilizzando trucchi o capigliature particolari.
Il 12 luglio scorso, gli Stray Kids si sono esibiti come primo gruppo K-pop headliner al Festival I-DAYS Coca Cola di Milano.
Seppur l’esibizione degli artisti sia stata accolta con estremo favore dalla piazza, i commenti rilasciati dalle differenti testate giornalistiche e sui vari social network hanno sprigionato una ferocia ingiustificata.
Il tutto sarebbe nato da una conferenza stampa probabilmente ‘inusuale’, preimpostata, rigida e dalla durata di dieci minuti in cui gli Stray Kids avrebbero fatto solo presenza.
Questo avalla la concezione dei fan italiani del k-pop che ritengono il panorama musicale italiano non ancora pronto ad abbracciare un genere che diverga dai brani commerciali che ruotano attorno alla musica nazionale, per intenderci quella che trasmettono nelle radio quotidianamente.
L’accaduto ha continuato a prendere una strada ricca di insidie considerando anche i commenti emersi sui vari social: TikTok, Instagram etc…
Quel che preme sottolineare è la mancanza di rispetto dimostrata nei confronti di un gruppo di artisti professionisti che hanno come unica “colpa” quella di non rientrare negli standard italiani.
La speranza è quella che un avvenimento del genere mai più accada e che si comprenda, il prima possibile, che la diversità è bellezza e non dev’essere intesa come scontata fonte di critica e giudizio perché la cattiveria, non deve e non può mai essere giustificata.
Claudia Santoro