Una vera e propria strage, consumata nell’indifferenza: con 62 detenuti suicidi dall’inizio del 2025, la piaga delle morti in carcere in Italia ha raggiunto un bilancio drammatico, aggravatosi in modo esponenziale proprio nei mesi successivi al solenne allarme lanciato dal Capo dello Stato.
Lo scorso 30 giugno, in occasione del 208° anniversario della costituzione della Polizia Penitenziaria, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva lanciato un “monito, un allarme, una accorata sollecitazione”, definendo la questione dei suicidi una “vera emergenza sociale”. Le sue parole – “È drammatico il problema dei suicidi nelle carceri che da troppo tempo non dà segni di arresto: si tratta di una vera emergenza sociale sulla quale occorre interrogarsi per porre fine immediatamente a tutto questo” – risuonano oggi come un’accusa e un appello rimasto inascoltato.
Da quel giorno, la situazione non ha fatto che precipitare: la cronaca dei mesi estivi, da luglio a settembre, è stata segnata da una scia di tredici nuove tragedie in meno di tre mesi, che hanno portato il totale ufficiale dei suicidi di detenuti a 62.
La lista degli eventi successivi all’intervento di Mattarella è straziante e svela un sistema in crisi profonda. Tra i casi più recenti:
- 7 luglio (Vasto): Un magrebino di 40 anni con problemi psichici si impicca in un istituto con organico di Polizia Penitenziaria ridotto a meno della metà.
- 25 luglio (Trapani): Un tunisino trentenne con patologie psichiche si toglie la vita in un carcere con 524 reclusi in 497 posti.
- 30 luglio (Pavia e Parma): Doppio suicidio in un giorno. A Parma, un 53enne italiano, detenuto ad alta sicurezza e in isolamento sanitario, si uccide usando l’elastico delle mutande.
- 23 agosto (Cremona): Un 40enne magrebino inala gas da una bomboletta. A Cremona, si registrano 563 detenuti in 384 posti.
- 27 agosto (Busto Arsizio): Un 61enne italiano si impicca in un istituto con un tasso di affollamento del 187% (423 detenuti in 211 posti).
- 7 settembre (Firenze-Sollicciano): Una detenuta rumena di 26 anni si impicca, a circa un anno dalla scarcerazione.
Questa tragica sequenza di morti è strettamente correlata alle condizioni strutturali del sistema penitenziario. Al 31 maggio 2025, si contavano quasi 63.000 detenuti a fronte di una capienza regolamentare effettiva di circa 51.296 posti. Il tasso medio effettivo di affollamento è almeno del 133%.
I dati di Antigone evidenziano che solo 36 carceri su quasi 190 non sono sovraffollate, mentre 58 istituti registrano un tasso di affollamento uguale o superiore al 150%. Tra le situazioni più critiche si segnalano Milano San Vittore (220%), Foggia (212%) e Brescia Canton Mombello (201%).
A questo quadro si aggiunge la cronica carenza di personale di Polizia Penitenziaria, una condizione che rende impossibile garantire una sorveglianza adeguata, come dimostrato in molti dei luoghi delle tragedie.
Alla lista dei 62 detenuti suicidi si aggiungono anche un internato in una REMS e ben tre operatori della Polizia Penitenziaria che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno.
Dietro i numeri, ci sono storie drammatiche come quella di Elena, una ragazza rumena di soli 26 anni, che si è tolta la vita nel carcere di Sollicciano a Firenze. Sulla parete della sua cella, ha lasciato una breve e straziante scritta: “Elena vi saluta”.
La sua è la storia di un’esistenza segnata dall’abbandono e dallo sfruttamento fin dalla tenera età, con la perdita del figlio dato in adozione come immenso dolore. L’avvocato Chiara Bandini la ricorda come “una ragazza alla ricerca disperata di affetto”.
La sua morte, come spesso accade, è stata oggetto di messaggi offensivi sul web, ma l’avvocato ha voluto ribadire il concetto fondamentale: “Elena era prima di tutto una persona. In carcere la punizione deve essere la pena, non può essere la morte.”
Al funerale di Elena erano presenti solo otto persone e nessun familiare, a testimonianza della solitudine che ha caratterizzato la sua breve vita. Tuttavia, il cappellano di Sollicciano ha riportato un gesto di commossa umanità: “Alla notizia del suo suicidio, le detenute e gli agenti di Sollicciano hanno pianto per lei.” Un tributo che sottolinea la profonda crisi umana che si consuma ogni giorno dietro le sbarre e che, nonostante gli appelli delle più alte cariche dello Stato, continua a mietere vittime.
Viviana Miccolis
