Siamo stati anche noi ad un passo da un gran colpo giornalistico: ci avevano garantito un’intervista in esclusiva al Patriarca della Chiesa ortodossa russa.
Sulle prime, in redazione, abbiamo fatto salti di gioia. Poi, francamente, siamo stati assaliti da troppi “Se“.
Coi tempi che corrono -ci siamo chiesti- chi ci pubblica? Va a finire che ci bannano pure su Tik Tok. In secondo luogo abbiamo pensato: “Ma il Copasir, se lo ingoierà pure ‘sto rospo?“.
Senza dimenticare la politica. Perché distrarre Enrico Letta dai suoi appassionanti studi di balistica? Capace che si incavola e ci maltratta in malo modo: “Disonore, vergogna, onta ecclesiale del nostro Paese!“.
E Mario Draghi, ci darà il permesso di fare l’intervista? Ci farà la grazia di prepararci le domande? Di suggerirci il tono, i tempi di risposta da assegnare all’intervistato? E se alla fine il nostro lavoro non gli piacesse? Perché rischiare che il Presidente del Consiglio lo giudichi “aberrante e poco ecumenico“? Senza contare le possibili reazioni della nostra Chiesa. Cosa sarebbe accaduto se Kirill avesse giudicato il Vaticano: “’Il regno delle 3“S“, sangue, soldi e sesso. Tutti pedofili e rammolliti!“
E se ci fosse venuto in mente di fargli una domanda su LGBT? Alla sua probabile risposta: “Debosciati da prendere a calci nel sedere dalla mattina alla sera…“. Lo avremmo mai potuto salutare dicendogli “Buon lavoro!“?
L’opus

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