di Maria Caravella
Portare sulla scena Calvino non è impresa facile, specie se si tratta di una novella come “Storia di un soldato”. Protagonista del racconto scritto nel 1949, è il fante Tomagra, di cui non conosciamo la provenienza né la destinazione, ci appare un uomo senza storia e senza età, così come il suo viaggio in treno pare non attraversare una geografiaplausibile. Quello che si svolge nello scompartimento si attua nello spazio e nel tempo della lettura. L’avventura del soldato, in verità, non si riferisce ad alcun destino epico o eroico, ma anzi ha i caratteri effimeri di un vagabondaggio picaresco, in cui due anime, anzi, due corpi muti e disillusi si riconoscono accomunati dalla casualità dell’essere al mondo. Anche la donna, coprotagonista, è “reduce” da «un lungo lutto», il cui dolore pare risucchiato nel buco nero di un passato che non lascia sprigionare più né sogni né riscatti. Il fante e la vedova riscoprono, così, vibrazioni sottili, energie insopprimibili, nonostante il dolore e il tedio dei giorni …
A cimentarsi in questa ardua impresa è Maurizio Ve Vivo, attore poliedrico e di grande inventiva, che abbiamo avuto l’opportunità di incontrare dietro le quinte.
Come è nata l’idea di questo spettacolo?
Dopo anni di recitazione volevo misurarmi con un monologo non solo per mettere alla prova le mie capacità attoriali ma anche per tentare “un salto di qualità” seguendo un percorso formativo alternativo. Così ho cominciato a valutare varie ipotesi e possibili autori.
Perché proprio Calvino?
Ho sempre amato Calvino, scrittore formidabile che ha segnato profondamente la letteratura del 900. Avevo letto diverse suoi scritti e ne ero rimasto affascinato. Qualcuno mi diceva che “Calvino si legge, non si recita”, ma io ho sempre pensato diversamente e credo di averlo dimostrato, seppure proponendo un monologo.
Qual è stata la risposta del pubblico nelle diverse repliche dello spettacolo?
Il pubblico, durante tutte le repliche svoltesi dalla data del debutto – ottobre 2019 – ad oggi ha mostrato interesse se non entusiasmo. Proporre un monologo basato su un testo di un autore ricercato come Calvino poteva sembrare azzardato, e invece chi ha visto lo spettacolo si è lasciato coinvolgere e l’ha seguito con attenzione e interesse.
Considera il suo un Teatro più vicino a quello di narrazione o alla lettura scenica?
Non credo che il mio sia un teatro connotato in modo particolare. La mia è sicuramente una piéce di narrazione. Racconto al pubblico la storia facendola “arrivare” attraverso gli strumenti di cui l’attore dispone.
Dovendo invitare qualcuno a vedere il suo spettacolo cosa gli direbbe?
Che durante la messa in scena il tempo vola, che la trama avvince e che tutte le volte accade una piccola magia: sul palcoscenico appare una donna, ciascuno dei presenti la può immaginare, vedere, sognare. Ed è proprio quello il momento in cui il testo di Calvino esprime tutta la sua bellezza unita alla potenza del suo linguaggio, unico e al contempo universale.
Il prossimo appuntamento è a Bari il 17 marzo alle ore 20,30, presso “Il Piccolo Teatro Eugenio D’Attoma”, info 3486820000
