L’intricato ruolo del cervelletto nelle funzioni neurologiche e psichiatriche rappresenta un campo di intensa indagine scientifica, in cui il Dott. Paolo Flace, medico e ricercatore presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, si distingue per il suo contributo. Questo articolo ripercorre il profilo e le attività del Dott. Flace, focalizzandosi in particolare sulle sue ricerche sul cervelletto, sul sistema dopaminergico cerebellare e sulla barriera emato-encefalica, oltre al suo impegno editoriale e nella diffusione della conoscenza neuroscientifica.
La malattia di Parkinson rappresenta una sfida significativa per la salute neurologica, caratterizzata dalla progressiva degenerazione dei neuroni dopaminergici in una specifica area del cervello. Questa perdita neuronale si manifesta principalmente attraverso sintomi motori invalidanti come la bradicinesia (lentezza nei movimenti), la rigidità muscolare, il tremore a riposo e l’instabilità posturale. Oltre a questi, la patologia può presentare una serie di sintomi non-motori, tra cui disturbi del sonno, alterazioni della vista e dell’olfatto, depressione e deficit di memoria, impattando significativamente la qualità di vita dei pazienti.
Attualmente, la terapia farmacologica per il Parkinson si concentra principalmente sulla gestione dei sintomi attraverso la somministrazione di L-DOPA, agonisti della dopamina e inibitori degli enzimi che ne degradano la disponibilità. Tuttavia, questi trattamenti non modificano il corso progressivo della neurodegenerazione. In questo contesto, la ricerca si sta orientando sempre più verso l’identificazione di fattori che potrebbero avere un ruolo nella prevenzione o nel rallentamento della malattia.
Un filone di ricerca interessante riguarda il potenziale ruolo dei micronutrienti vitaminici, in particolare la vitamina B12. Questa vitamina svolge una funzione cruciale nel mantenimento della salute del sistema nervoso, contribuendo alla formazione della guaina mielinica che protegge le fibre nervose e ne assicura la corretta funzionalità.
Un recente studio ha fornito spunti significativi in questa direzione. Analizzando i dati relativi alle abitudini alimentari di un vasto campione di popolazione, composto da 80.965 donne e 48.837 uomini, i ricercatori hanno valutato l’assunzione di vitamine del gruppo B nel tempo. I risultati di questa analisi suggeriscono un possibile effetto protettivo della vitamina B12 nei confronti dello sviluppo della malattia di Parkinson. In particolare, lo studio ha evidenziato un minor rischio di insorgenza della patologia tra gli individui che presentavano un’assunzione elevata di vitamina B12 all’inizio del periodo di osservazione.
Sebbene questi risultati siano promettenti e suggeriscano un potenziale ruolo della vitamina B12 nella prevenzione del Parkinson, è importante sottolineare che la ricerca in questo campo è ancora in corso. Ulteriori studi sono necessari per confermare questi risultati e per comprendere appieno i meccanismi attraverso i quali la vitamina B12 potrebbe esercitare questo effetto protettivo.
Viviana Miccolis
