di Maria Caravella
Nella performance di Maurizio Sarubbi “Abbasce la cape”, liberamente ispirata al famoso Testo di Hugo, firmata dalla Compagnia Artù, di cui lo stesso Sarubbi è direttore artistico, si realizza un simbolico incontro fra il dialetto barese rappresentato da i racconti “Strada Angiola” di Giuseppe Lorusso e “L’ultimo giorno di un condannato a morte” di Victor Hugo, romanzo scritto nel 1829, dove sono narrati in prima persona gli ultimi giorni di vita di un prigioniero destinato al patibolo.
Si tratta di un testo struggente, che porta sulla scena la lenta agonia di un uomo torturato dal sol pensiero di dover attendere per “sei lunghe settimane” la morte. Maurizio Sarubbi autore, regista e interprete, in questa performance, ha cercato di ricreare il personaggio di Hugo in modo del tutto personale, incrociando i ricordi dell’infanzia e della giovinezza vissuti per le strade di Bari vecchia con il lavoro del famoso drammaturgo francese. Fusione non facile quella dei due testi in oggetto che però avvicinano lo spettatore ad una realtà semplice e reale ma allo stesso tempo di grande profondità e sensibilità.
MediaSud in occasione della dodicesima replica dello spettacolo all’Auditorium Vallisa di Bari, ha incontrato Maurizio Sarubbi in una piacevole conversazione:
D. Come è nata l’idea di questa originale performance?
R. È stata elaborata nel tempo. Dopo tante esperienze in gruppo, avevo voglia di realizzare un monologo, quello di un grande autore. Un giorno, mentre ero in libreria e consultavo alcuni testi, mi sono innamorato a prima vista dell’opera di Hugo. Pensai: “ti porterò in scena”. Sentivo però l’esigenza di qualcosa capace di creare un ingranaggio teatrale del tutto originale.
Il destino mi ha fatto incontrare i racconti di Giuseppe Lorusso. A questo punto ho deciso di realizzare la fusione dei due testi.
D. Perché ha scelto proprio i racconti “Strada Angiola” di Giuseppe Lorusso per affiancare il testo di Hugo?
R. Ho sempre pensato che accostare il nostri testi in vernacolo con quelli di autori classici, può ridare autorevolezza ad un lingua, il dialetto Barese. I racconti di Lorusso sono prevalentemente memorie storiche, pertanto, ho deciso di sostituire, le memorie del prigioniero di Hugo con quelle di un personaggio pugliese.
D. Qual è il filo conduttore che associa i due testi?
R. La nostalgia. L’importanza delle piccole cose, la poetica di molte immagini semplici e la forza nel descriverli.
D. Ha in mente per il futuro altri spettacoli che utilizzano il medesimo registro di comunicazione?
R. Sto preparando un monologo per la prossima stagione, tratto da “le cosmicomiche” di Italo Calvino. Non amo ripetermi quindi “ricadrò” nella ricerca del non banale, del non ripetuto. Ora a teatro non devi solo creare ma anche, secondo me, entrare in conflitto con la banalità che continua ad invaderci.