RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI E CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA’: SCONCERTANTE DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

 

La Corte costituzionale ha ritenuto “ragionevole e proporzionato” il “raffreddamento della perequazione” delle pensioni oltre un certo importo (4 volte il minimo INPS) per il triennio 2019-2021 (di cui alla legge n. 145/2018), giudicandolo, pertanto, “legittimo”.

 

Come responsabile nazionale della CONFEDIR  e della FEDER.S.P.eV. osservo, invece, che non può esserci alcuna ragionevolezza, né proporzionalità:

  • nel “raffreddare” la perequazione solo di alcune pensioni (circostanza intervenuta in 11 degli ultimi 14 anni), garantendo da ultimo (L. 145 anzidetta) una rivalutazione al 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo INPS e solo del 40% dell’indice ISTAT per le pensioni più penalizzate (quelle oltre 9 volte il minimo);
  • far finta di “non vedere” i contenuti degli articoli 36 e 38 della Costituzione vigente, sconfessando platealmente, peraltro, decine di precedenti sentenze dello stesso Organo su analoga materia, in particolare la sentenza n. 70/2015;
  • umiliare le più che motivate argomentazioni di numerosi Tribunali e Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti, che hanno sollevato la questione di legittimità, e migliaia di pensionati ricorrenti penalizzati;
  • nell’affermare implicitamente, con la sentenza in oggetto, che i criteri di perequazione delle pensioni, di cui alle leggi precedenti 388/2000 o 147/2013 (già peggiorativa) dovessero essere privi di ragionevolezza e proporzionalità.

 

Quanto, poi, alla presunta “legittimità” del cd “contributo di solidarietà” per il quinquennio 2019-2023 a danno delle pensioni di importo superiore ai 100.000 €. lordi/annui, oltre all’evidente illegittimità di una norma che travalica l’orizzonte triennale delle leggi di bilancio dello Stato, come può non inquietare:

  • il fatto che, in questo caso, una stessa categoria di pensionati venga “espropriata” (non importa se per 3 o 5 anni) di una quota della pensione già maturata e riconosciuta e, contemporaneamente, venga penalizzata anche da un non corretto e discriminante meccanismo di indicizzazione della pensione in godimento;
  • il fatto che, in questo caso, non siano calpestati solo gli articoli 36 e 38 della Costituzione vigente, ma anche almeno gli artt. 3 e 53.

 

Quanto sopra premesso e considerato, viene da chiedersi se ai Giudici costituzionali non interessino tanto i principi della nostra Carta, ma solo in quale misura e per quanto tempo i principi stessi possano essere disattesi e derogati, non avvedendosi neppure della contraddizione interna a questa ultima pronuncia. Sorge spontanea la domanda se la Consulta sia l’organo “super partes” che dovrebbe essere in materia di principi e diritti costituzionali.

 

Ma rimandiamo ogni definitiva considerazione alla lettura della sentenza quando sarà pubblicata.

Dopo tale pubblicazione decideremo come “orientare” il contenzioso pendente al fine di valutare anche la possibilità, esperiti i rimedi nazionali, di adire eventualmente la giustizia europea (CEDU e/o Corte di Giustizia).

 

 

Prof. Michele Poerio

Segretario generale CONFEDIR

Presidente nazionale FEDER.S.P.eV.

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