BITETTO – E’ stato uno dei maggiori esponenti dell’espressività scultorea della prima metà del 900. Nato nell’entroterra bitettese da una famiglia contadina ma formatosi tra Roma e Milano, Donato Antonio Gramegna ha lasciato un segno indelebile con le sue opere artistiche.

La sua storia, che ripercorriamo grazie alla pubblicazione di Luisa Palmisano (Bari 2018) inizia il 25 gennaio 1893 quando, terzo di nove figli, il piccolo Donato vide la luce. Purtroppo affetto da una zoppia congenita, il suo destino lavorativo, non adatto alle campagne e al lavoro agricolo fu subito chiaro. I genitori, Bernardino Gramegna e Francesca Rutigliano, lo indirizzarono ben presto alla carriera seminariale. Destino da una parte e divergenza di interessi dall’altra, portarono il giovane ad imboccare invece la strada delle arti manuali.

Dopo un breve praticantato a Bari tra le mura della bottega di Mario Sabatelli, Donato decise di trasferirsi a Roma. Nella Capitale si applicò allo studio della scultura classica potendo contare su esempi tangibili disseminati in loco. Purtroppo il soggiorno romano terminò a causa di ristrettezze economiche, così come il successivo approdo a Firenze fu di breve durata.

Ma fu a Milano che l’artista trovò finalmente la sua dimensione. La sua prima esposizione si ebbe proprio tra gli spazi della Galleria Vinciana della capitale lombarda nel 1923, seguita da un’altrettanta importante esibizione di un gesso femminile nella Villa Reale di Monza.

Molte delle sue opere però furono ospitate in ambienti cimiteriali: in questo senso vanno lette l’Alba e il Dolore materno della tomba Lombardi nel Cimitero di Varese, Boccio e fiore custodita nel camposanto di Musocco e Materia e Spirito custodita a Gallarate.

La sua casa-officina di via Plana n.9 fu in quegli anni in pieno fermento, ma nonostante ciò l’artista non perdeva occasione per tornare in Puglia e far conoscere la sua personalità. Se nel 1929 tenne a Bari una delle due “Personali”, l’anno successivo approdò nel capoluogo pugliese con una mostra tenutasi presso il Circolo Artistico, dove il suo Nudo di donna seduta riscosse talmente tanto successo da essere acquisita dalla Pinacoteca metropolitana.

Anche Bitetto rimase nel suo cuore. Per il cimitero comunale realizzò statue bronzee di forte impatto emotivo, e per la sepoltura dei suoi genitori che per quella di esponenti di spicco cittadini, come l’avvocato Vito Somma. Lavoro di fino poi lo ritroviamo nelle 14 formelle custodite nella Cattedrale di San Michele Arcangelo: le tappe della via crucis furono caricate da Gramegna di una forza emotiva e patetica senza precedenti.

La sua vita terminò il 24 settembre del 1975, ma la sua fama da “artista emigrante” perdura tutt’oggi.

 

A cura di Federica Calabrese

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