Al teatro Bravò è andato in scena uno spettacolo molto interessante, che racchiude le antiche tradizioni legate alle nozze a Bari vecchia.
Uecchinera – Maria sposa a Barivecchia di Pino Cacace, è un’esilarante storia d’amore tra melodie e antichi canti popolari, portata in scena dalla compagnia teatrale Il Borgo delle arti.
Una drammaturgia che parte da una ricerca di brani antichi della tradizione locale, svolta dal musicista Cosimo Ventrella e che prende il nome proprio da uno di questi. La storia racconta di una ragazza, “vacantina”, una signorina un po’ attempata, la quale dopo aver tentato anche i tre giri intorno alla colonna miracolosa di San Nicola e aver vinto il cosiddetto “maritaggio” una quota in denaro che veniva messa in palio tra le ragazze più povere del borgo antico, finalmente riesce a trovare l’amore e a sposarsi.
La trama dello spettacolo è mantenuta viva dal racconto di un nonno, supportato da varie scene e diverse canzoni della tradizione popolare, suonate e cantate dal vivo.
In scena, vengono rappresentate le varie usanze e i costumi tipici della nostra cultura popolare riguardo al matrimonio, ci si addentra nella più remota prassi barese, la questione della dote, che la donna e l’uomo devono portare e l’organizzazione del pranzo nuziale.
Ad agire sulla scena, una compagnia composta da talentuosi attori, come Pino Cacace, Ciro Neglia, Rita Pupillo e i musicisti, Cosimo Ventrella voce e chitarra e Marco Cannarella alla fisarmonica. A completare gli elementi scenici di Valeria Pinto e gli effetti luce di Luigi Caldarola.

Abbiamo incontrato Pino Cacace e Cosimo Ventrella per alcuni approfondimenti:

Pino Cacace, come è nata l’idea di questo spettacolo e soprattutto perché non si devono dimenticare queste tradizioni?

Le tradizioni popolari sono la nostra storia e la nostra identità. Non è possibile pensare che le nuove generazioni non sappiano più nulla del nostro passato.
Per quanto riguarda Bari, la nostra bellissima città questo è ancor più grave, soprattutto perché il nostro dialetto è stato per molto tempo penalizzato dai media che lo hanno veicolato in modo del tutto inesatto, spesso scimmiottandolo, come accade in alcune fiction, che per carità descrivono la nostra città in modo eccellente, ma il dialetto non si uniforma affatto. Questo ad esempio è il caso di Lolita Lobosco. Lo stesso succedeva negli anni settanta con Lino Banfi, che faceva passare per dialetto barese il canosino, da lui ironicamente personalizzato, quindi una realtà aliena a quello che è il nostro dialetto. Le sonorità del nostro vernacolo sono altrettanto gradevoli come quelle di altri dialetti più vicini al grande pubblico. Importante è però non riprodurre sul palcoscenico suoni sguaiati o intercalari orientati al torpiloquio. Il nostro dialetto è bello, ma purtroppo siamo ancora penalizzati da questo retaggio negativo.

Maestro Cosimo Ventrella detto anche “il cantastorie”, può illustrarci le sue scelte musicali in merito allo spettacolo?

Io da sempre conduco una mia ricerca su quei canti che sono parte della nostra storia. Fin dagli anni 70, sono compositore di musica popolare, in seguito all’incontro con il regista Pino Cacace, scambiandoci delle idee è nata questa commedia musicale. Un testo simpatico e brillante, dove portiamo sulla scena oltre alle tradizioni del matrimonio di una volta a Bari vecchia, anche alcuni canti che ricordano quel periodo storico, molti anche di mia composizione. Tengo a precisare che lo spettacolo si regge su un percorso canoro, tutte le canzoni eseguite ripercorrono passo dopo passo quello che si svolge sulla scena. Questo è secondo me il valore aggiunto dello spettacolo e la chiave di lettura della messa in scena.

di Maria Caravella

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