Aspettando Godot diretto da Theodoros Terzopoulos, con la produzione ERT e la compagnia Vetrano e Randisi; finalmente in scena anche al Teatro Piccinni di Bari.
Il regista greco, fra i grandi maestri della ricerca teatrale, si confronta con uno dei testi più famosi del drammaturgo Samuel Beckett, una delle opere più celebri del “teatro dell’assurdo”, la cui vicenda ruota attorno a un dialogo sterile tra due personaggi sospesi in una situazione d’attesa. (In questo caso non solo sospesi metaforicamente, ma bensì sospesi anche per quanto riguarda l’allestimento scenico che li vede sollevati da terra in un quadrato nero (con profilati di apertura bianchi) a sua volta diviso in altri quattro quadrati, costruito e pendente sul palcoscenico, in cui le vicende si alternano. Da qui i personaggi sporadicamente si allontanano e scendono sul palcoscenico per un contatto più diretto con il pubblico).
La trama è quasi elementare: due uomini, Vladimir e Estragon, aspettano l’arrivo di un terzo, di nome Godot, che però non arriverà mai. Non sappiamo chi siano questi due uomini, dove si trovano, chi sia questo Godot e perché lo stanno aspettando.
Un’opera monumentale che ha cambiato il modo di concepire il teatro, non più costruito sulla logica causale delle azioni, ma bensì basandosi su una realizzazione impossibile, quella del paradosso.
Oggi Aspettando Godot è diventato un vero e proprio modo di dire. L’espressione si usa, infatti, per indicare una situazione in cui si continua ad aspettare all’infinito qualcosa che appare come imminente, senza fare nulla perché si realizzi o si smuova.
Pessimismo estremo. I personaggi tacciono aspettando la rivelazione dell’indicibile, che non si rivela mai. Alcune domande, che riguardano la natura umana e il futuro, forse avranno risposte, la maggior parte però no. Forse alcune arriveranno dagli stessi spettatori. L’arte del teatro esiste e persiste proprio in virtù delle domande senza risposta».
Godot inteso come l’unica opportunità della vita dei due “amici” può significare che l’uomo aspetta per tutta la vita qualcosa che possa dare un senso alla propria vita, qualcosa che possa salvarci dalla disperazione (nonostante si parli spesso di suicidio, i due protagonisti non giungono però, mai a questo atto estremo).
Ambientata nel futuro, la scena presenta un mondo ferito e in rovina, che si apre ad un interrogativo: quali sono le condizioni minime per una vita che valga la pena di essere vissuta?
Aspettando Godot, ha conquistato il pubblico del Piccinni, uno spettacolo che da sempre affascina ma che allo stesso tempo inquieta.

di Maria Caravella

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