di Maria Caravella

Grande successo  al Piccolo Teatro di Bari per la messa in scena  di un classico:
L’importanza di chiamarsi Ernesto”, che  insieme al Ritratto di Dorian Gray, è una delle opere più famose di Oscar Wilde. La commedia, rappresentata per la prima volta nel 1895, racconta della doppia vita dei due protagonisti maschili, ed  è una satira dell’ipocrisia e del moralismo della società vittoriana che attribuiva grande importanza alle apparenze.
Maurizio Sarubbi con la consulenza tecnica di Nietta Tempesta, è riuscito a rendere attraverso una regia attenta e decisa ma, allo stesso tempo leggera la giusta dimensione nel  porgere questo famoso e plurirappresentato testo, in modo semplice ma  efficace, conservando nella sua originalità  tutta la  vis ironica che  lo contraddistingue.
Jack Worthing, audace gentiluomo dagli sconosciuti natali, vive in campagna insieme a Cecily, una ragazza  di cui è tutore, e con l’istitutrice di quest’ultima, Miss Prism.
Jack decide di trasferirsi a Londra e di frequentare i salotti cittadini presentandosi come Ernest: intende soprattutto visitare la casa dell’amico Algernon Moncrieff, per poter incontrare sua cugina, la bella Gwendolen Fairfax, della quale è intenzionato a chiedere la mano. La giovane accetta la proposta di matrimonio, convinta anche dal fatto che il suo pretendente si chiami Ernest, nome che su di lei esercita un particolare fascino.
Intanto Algernon viene a sapere che all’amico è stata affidata la giovane Cecily, desideroso di conoscerla, si reca in campagna: riesce ad entrare in casa e la seduce, affermando di essere il fratello minore di Jack, Ernest.
Nel frattempo arriva lo stesso Jack, raggiunto poi da Gwendolen, decisa a sposarsi nonostante l’opposizione della madre, Lady Bracknell, ostile al matrimonio per aver scoperto che Jack è un orfano,  adottato in seguito da una famiglia benestante.
Cecily e Gwendolen così diventano amiche ma, confidandosi, scoprono che i rispettivi fidanzati hanno mentito sulla propria identità; dopo vari litigi tra i quattro, tutto sembra appianarsi. In cerca della figlia Gwendolen, giunge  Lady Bracknell, che viene a conoscenza del fidanzamento del nipote Algernon con Cecily, saputo  della ricca dote della ragazza, lo approva senza riserve.
A questo punto però è Jack, in qualità di tutore della ragazza, a rifiutare il proprio consenso, almeno finché Lady Bracknell continuerà ad opporsi al suo matrimonio con Gwendolen.
L’intricata vicenda si risolve soltanto quando compare l’istitutrice di Cecily, Miss Prism, nella quale Lady Bracknell riconosce la donna che, molti anni prima, era scomparsa portando con sé il figlio primogenito di sua sorella, Mrs Moncrieff. Si scopre quindi che Jackè è il fratello maggiore di Algernon e il suo vero nome è proprio Ernest.
Risolti quindi tutti i dubbi sulle sue origini, Jack può finalmente sposare Gwendolen e  Cecily diventa la moglie di Algernon.
Una straordinaria compagnia ben affiatata che ha saputo porgere ad un pubblico appassionato e attento. In scena la signora del Teatro  Nietta Tempesta con Maurizio De Vivo  (impareggiabile primo attore),  affiancati da un talentuoso cast: Daniel Torre, Caterina Rubini, Silvia Cuccovillo, Susi Rutigliano e Maurizio Sarubbi, che interpretano rispettivamente Lady Bracknell, Algernon, Jack, Cecily, Gwendolen, Miss Prism e il reverendo. Questo lavoro rispecchia per la quasi totalità l’opera originale di Wilde che si fonda su un gioco di parole presente nella lingua inglese: tra i due protagonisti nessuno è del tutto onesto (earnest), né veramente Ernest. I due termini si pronunciano allo stesso modo: Oscar Wilde si dilettò così tra l’aggettivo “earnest” che parla di affidabilità, e il nome proprio, volendo in questo modo evidenziare l’importanza dell’apparenza e della forma nella società inglese del tempo, nonché l”inaffidabilità di un nome.
Un grande spettacolo che in tutte le sue repliche ha realizzato il sold out.  Una compagnia ben assortita, pluriapplaudita soprattutto per la grande empatia creata con il pubblico oltre che per le  indiscusse doti attoriali.
Insostituibile la presenza di Nietta Tempesta,  che ha deliziato tutti con i suoi preziosi consigli. Fondatrice insieme ad Eugenio D’Attoma, a cui il comune di Bari ha dedicato recentemente una targa alla memoria, per  aver avuto il merito di portare nella nostra città il Teatro, quello vero, quello innovativo,  il Teatro circolare, che segnò un’epoca e soprattutto rese Il Piccolo Teatro  dispensatore  di cultura e permise a molti giovani,  che ambivano a calcare le scene ad avere la giusta preparazione per affrontare la carriera di attore teatrale. Numerosi i protagonisti dello spettacolo ormai famosi che devono tutto al “Piccolo”  e che purtroppo in tanti hanno dimenticato. Purtroppo non solo loro,  ma anche  la città di Bari.

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