Le bizzarre proposte di Letta sulla tassa della morte.
È sufficiente far ricorso ai dettami della logica nonché ai dati della Agenzia delle Entrate, per smontare le monumentali fantasie di Enrico Letta a proposito delle tasse di successione.
Secondo il segretario del PD, le tasse generate post mortem dai milionari italiani, a suo giudizio l’1% dei contribuenti, potrebbero dar vita ad un fondo destinato alle doti dei diciottenni. L’Erario dunque, per poterle ottenere dovrà attendere la morte dei milionari. Delle due l’una: o ci si dovrà augurare un rituale annuale sterminio di Paperoni, oppure bisognerà creare delle doti a babbo morto. Statisticamente molto improbabile, mettiamola così…
Ma è sicuro che i milionari italiani sono l’1% dei contribuenti? Ovvero poco più di 410.000? Assolutamente no. Quando i dirigenti della Agenzia delle Entrate, hanno letto la proposta del segretario PD, si sono piegati in due dalle risate… basta andare sul sito per verificare, per esempio, che nel 2011 di dichiarazioni dei redditi superiori ad 1 milione di euro, ne sono pervenute meno di 800.
Siamo certi poi che il valore di tutti questi beni goduti in vita si trasformino matematicamente in soldi nelle casse dello Stato? Assolutamente no. Per cominciare, assicurazioni sulla vita, TFR, quote di certe società, BOT e CCT, non sono assoggettati a tassa di successione. Poi, la legge italiana consente importanti esenzioni per gli eredi. Le più comuni quelle per coniugi e figli che arrivano sino ad 1 milione di euro. Esempio pratico. Sei un tale muore lasciando beni patrimoniali per 4 milioni di euro, e restano in vita la coniuge e tre figli, a costoro non si potrà chiedere neppure un centesimo bucato.
Attardandosi nell’analisi delle tasse di successione in Italia, ci si rende conto che nella maggior parte dei casi a pagarle sono gli appartenenti al ceto medio. I veri ricchi infatti che certamente possono contare sulle professionalità di esperti commercialisti, riescono a chiudere in scatoloni senza fondo tutti i loro beni prima di passare a miglior vita. Riprendiamo l’esempio pratico pubblicato da Franco Bechis direttore del Tempo, sui beni di uno degli uomini più ricchi d’Italia, Silvio Berlusconi. La maggior parte delle sue ricchezze sono racchiuse in società irraggiungibili dalla Agenzia delle entrate. Tutto regolare, per carità… I beni sono gestiti da società molto ben amministrate, che pagano fino all’ultimo centesimo pur di non gravare sul patrimonio degli eredi. Ovviamente, si tratta di cifre estremamente convenienti. Questa è la legge a scriverla ha contribuito anche Prodi, che è stato il capo di Enrico Letta.
Per concludere torniamo sui beni di Silvio Berlusconi. Di suo resta, si fa per dire, qualche appartamento ricevuto in donazione da suoi fans. Qualche villa che sta per donare a persone cui è stato affettuosamente legato, oppure comperate per fare un piacere ad amici fraterni. Ad esempio la maestosa villa di Marcello dell’Utri sul lago di Como. Totale valore catastale non più di 3 milioni di euro. Quando i suoi cinque figli si divideranno questa parte dell’immenso patrimonio, non dovranno dare allo Stato nulla per via delle esenzioni che per ciascuno di loro, come detto, ammonta a 1 milione di euro. Ma è sicuro che il terzo partito d’Italia si meriti questo segretario?
L’opus

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