Molti ricorderanno gli ultimi giorni del secondo governo presieduto da Giuseppe Conte. Si consumarono frenetiche ore alla ricerca di parlamentari disponibili a sostenere l’esecutivo. Furono i giorni del drammatico addio dell’onorevole Maria Rosaria Rossi, un tempo capo badante ad Arcore; sorprese l’ adesione al gruppo dei responsabili dell’onorevole Renata Polverini trafitta dai dardi di un infido Cupido; ore di gloria anche per il fulgido senatore pugliese Ciampolillo protagonista di un epico traccheggiamento.
Casalino, pur di “fare brodo“ riuscì ad ottenere una parlamentare in prestito, senza diritto di riscatto, dal Partito Democratico. Finalmente si ottenne al Senato la maggioranza relativa, ma non quella assoluta che avrebbe garantito la sopravvivenza. Cosa non funzionò? La quarta gamba venne meno. I senatori dell’UDC che avevano ipotizzato un possibile appoggio al governo, uscirono di scena improvvisamente. Il loro leader, Lorenzo Cesa, fu coinvolto in Calabria, in una vicenda riguardante una brutta storia di mafia.
Dopo quella fumosa parentesi giudiziaria, a sei mesi di distanza, scopriamo che l’onorevole Cesa non c’entrava nulla: nessun capo di imputazione a suo carico. Ancora una volta una dissennata performance della giustizia requirente ha liquefatto un governo della Repubblica.
Fuori i nomi di chi non vuole cambiare questa Giustizia!
L’opus

A cura di Federica Calabrese

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