di  Maria Caravella

Prosegue con successo questa edizione 2023  de “Il libro possibile” a Polignano a mare.  Nella seconda serata abbiamo dedicato la nostra attenzione alle nuove proposte  presenti alla rassegna, tra queste Antongiulio Sambati, che ha presentato in Piazza dell’Orologio il suo primo romanzo “Parlando al melograno”  Europa edizioni, già insignito del Premio Franco Loi dedicato alle opere prime.
Ha presentato l’autore il giornalista Enzo Magista e la Presidente di Puglia film commission    Annamaria Tosto.   Sambati, leccese classe 1997, laureato alla facoltà di giurisprudenza della LUISS è attualmente iscritto all’ordine degli avvocati praticanti, ha collaborato con alcune riviste e giornali, attualmente è iscritto al master della LUISS writing school for cinema e television.  “Parlando al melograno” è il suo primo romanzo.
Il protagonista Giulio non vede suo padre, scrittore di successo, da un anno,  l’uomo  non è mai stato presente nella vita del figlio.  Un giorno però chiama Giulio per un viaggio in coppia, padre e figlio, destinazione la Puglia, tra sonorità, jazz, cinema, dialoghi taglienti e  ironiche provocazioni. I due riescono anche a ritagliarsi momenti di sottile armonia e trascurabile felicità.  Un romanzo che accompagna il lettore in un dialogo sulla vita, sulla morte e sull’amore considerato  salvifico anche se imperfetto.

Al termine della presentazione Abbiamo incontrato Antongiulio Sambati:

Come mai un ragazzo di 25 anni decide di scrivere e soprattutto di parlare di problematiche così importanti?

La scrittura per me nasce come passione,  la stesura di questo romanzo è nata circa due anni fa, ma la voglia  di scrivere c’è sempre stata nella mia vita. è stato per me un modo di indagare su problematiche importanti come ad esempio il rapporto intergenerazionale un’ argomentazione sempre attuale, un divario che si sta ampliando sempre più con l’avvento delle nuove tecnologie e l’utilizzo dei social

Perché il simbolo del melograno?

Il melograno è un richiamo alla mia infanzia,  un qualcosa di realmente autobiografico che c’è nel romanzo, perché nella mia vecchia casa c’era un albero di melograno, in questo caso assume anche  un valore metaforico, perché nel romanzo il dialogo con il melograno rappresenta il dialogo con il proprio passato.

Nel suo romanzo introduce il dialogo tra generazioni, argomento con cui grandi autori del passato si sono cimentati, sente di avere qualcosa in comune con qualcuno di loro in particolare?

Dire che ho qualcosa in comune con gli autori del passato’ sarebbe troppo generoso nei miei confronti, però sicuramente ho attinto dalle lezioni di alcuni grandi autori a partire dal mito greco: il mito di Edipo e quello di Efigenia, per autori più contemporanei posso pensare invece a Kafka o al romanzo Russo padri e figli di Ivan Seergevic Turgenev.         E tanti altri da cui inconsciamente ho potuto trarre qualcosa.

Sei stato definito uno scrittore non prolisso, il tuo infatti è un romanzo breve, solo 95 pagine, perché usi la parola con moderazione?

Sono contento di questa definizione soprattutto nel senso tecnico, l’uso della parola per me è un tema molto importante che affronto nelle mie due vite, in primis in quella da giurista, dove la parola  non si deve utilizzare  in modo ambiguo per rispetto ai cittadini, anche nella scrittura la parola deve essere ben dosata.

Cosa c’è di autobiografico?

Dal punto di vista della trama niente, in tema di sentimenti e verità invece c’è tanto, non potrebbe essere altrimenti. In questo  libro  ci sono tanti richiami al cinema, in particolar modo al cinema di Woody Allen, alla musica jazz e alla letteratura. Vi sarete accorti che la scrittura per me è anche un modo per parlare  delle mie passioni.

L’utilizzo limitato della parola può essere considerato anche un modo per avvicinare alla lettura le nuove generazioni, ormai abituate al multimediale e alla comunicazione tramite immagine?

È una bella domanda ed è un tema a cui io tengo molto. E’ oggettivo ormai constatare che non esiste più neanche la singola parola, c’è l’emoticon che va oltre l’immagine, siamo arrivati ad un minimalismo che non è quello  di cui parlavano Salinger ed Hemingway. Il fatto che la parola deve essere utilizzata in modo ponderato non significa certo che deve raggiungere uno standard al di sotto dello zero. È importante nell’utilizzo della parola raggiungere un giusto compromesso, certo per le nuove generazioni è molto difficile leggere per intero un romanzo di Dostoevskij ma è anche eccessivo negare loro l’utilizzo della parola.

Nella tua vita futura di giovane avvocato, quale posto pensi occuperà la scrittura?

Spero che la scrittura potrà affiancarsi a qualsiasi cosa farò nella vita. Che ci sarà ne sono certo, spero nella maniera più preponderante possibile.

 

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